Jimmy Butler: un care leaver alle finali Nba

Questa è una storia un po’ diversa da quelle che raccontiamo di solito, ma vogliamo condividerla con voi.

In questo periodo si stanno giocando i playoff Nba, il campionato americano di basket. Una delle squadre che sta giocando meglio e da stanotte giocherà la finale per il titolo è quella dei Miami Heat. Giocano meravigliosamente insieme e il leader di questa squadra è un ragazzo di 31 anni di nome Jimmy Butler.

È proprio di lui che vogliamo parlarvi.

Ottimo difensore, attaccante decisivo, è cresciuto di anno in anno dal suo approdo tra i professionisti della Nba nel 2011, divenendo un leader. Ma l’infanzia e l’adolescenza per Jimmy non sono state così rosee. Tutt’altro.

A 13 anni fu cacciato di casa dalla madre che gli disse: “Non mi piace il tuo aspetto, devi andartene”. Il padre biologico? Mai pervenuto dopo la nascita di Jimmy. Deve diventare grande in fretta Jimmy, che si trova senza una famiglia e senza una casa fissa.

Lo ospita ogni settimana un amico diverso. Poco più che bambino gli manca completamente una stabilità abitativa. Cresce a Tomball, un sobborgo di Houston: non esattamente uno dei luoghi più sicuri del Texas e degli Stati Uniti. Ma nonostante la dura realtà riesce a non essere vittima delle circostanze. In genere i primi punti fermi a cui si tende a pensare nella vita sono la famiglia e la casa. A Jimmy questi punti fermi mancano entrambi, ma una gioia nella sua vita di ragazzo liceale riesce a trovarla nel basket.

A 16 anni la sua vita si incrocia con quella di Jordan Leslie. Si sfidano a basket e poi Jordan lo invita a casa, può dormire un paio di notti dalla sua famiglia. Le notti poi diventano una settimana, un mese e così via. Jimmy ha trovato una casa e una famiglia. Diventa l’ottavo figlio della sua nuova famiglia che lo accetta a patto che vengano rispettate delle regole.

Quando per la prima volta lascia il Texas, per andare alla Marquette University nel Wisconsin che gli offre una borsa di studio, ha nostalgia di casa. La sua nuova madre lo esorta a tenere duro, a vedere l’opportunità nell’esperienza che sta vivendo. Il suo allenatore gli sta addosso per farlo crescere. Per anni a Jimmy era stato detto che non era bravo abbastanza, non si rendeva conto di quanto forte potesse diventare. Migliorò, tanto. Nella sua ultima gara a Marquette il pubblico gli tributò una standing ovation.

Poi l’arrivo in Nba, crescendo di anno in anno, fino alle sfide di playoff, e ora le finali di questi giorni. Ma non è solo questo che vogliamo condividere.

Quando per la prima volta rese pubblica la sua storia, Jimmy Butler chiese che non ne venisse fuori un ritratto in cui essere dispiaciuti per lui. Per lui quello che ha vissuto è ciò che l’ha reso chi è oggi. Se non sei da solo, se hai qualcuno accanto, tutto – o quasi – diventa possibile. È ciò che fa nascere delle opportunità. È ciò che cerchiamo di fare con Agevolando, stando accanto a giovani che cercano di costruire la propria strada, dando loro delle opportunità, o aiutandoli a trovarle.

La realtà americana è diversa da quella italiana, ma aver qualcuno accanto, contare su una stabilità fa la differenza qui come oltreoceano.

Jimmy Butler è un Care leaver e da stanotte (giovedì 1, ore 3AM italiane) giocherà meritatamente le sue prime finali Nba.

A cura di Gastone Marchesi

 

Foto: All-Pro Reels (Flickr)

Contattaci per saperne di più