Stefania Buoni, fondatrice di Comip: “Teniamo accesa una luce e aiutiamo i figli di genitori in difficoltà”

Cosa accade a te se mamma e papà “hanno qualcosa che non va”?
Difficile comprenderlo e darsi una risposta se sei poco più che un bambino o una bambina.
Stefania Buoni, romana, fondatrice e presidente dell’associazione Comip (Figli di genitori con un disturbo mentale), questa domanda se l’è posta molte volte e, diventata oggi adulta, ha deciso di provare a offrire qualche risposta.
Nel 2017 insieme a Gaia Cusini, Carlo Miccio e Marco Fiore ha dato vita alla prima associazione italiana creata da e per figli di genitori con un disturbo mentale, spesso – ma non sempre –  anche giovani caregiver.
L’associazione vuole dare voce al dolore e alla resilienza di tanti ma anche abbattere stigma e pregiudizi intorno a queste tematiche e creare una rete di supporto per tutti questi giovani.
L’Oms stima che nel mondo almeno 1 persona su 4 abbia problemi legati alla salute mentale. A partire da questo dato non è difficile ipotizzare che ci siano almeno 1 milione di figli di genitori con problematiche di salute mentale nel nostro Paese.
Insieme a Comip, Stefania Buoni ha fortemente desiderato la pubblicazione di un libro, che si intitola proprio “Quando mamma o papà hanno qualcosa che non va. Miniguida alla sopravvivenza per figli di genitori con un disturbo mentale” (scopri qui come riceverla), che sta facendo il giro d’Italia attraverso scuole, biblioteche… e ovunque ci siano persone e realtà disponibili ad accoglierlo. Anche ogni regione in cui è presente Agevolando ha ricevuto in dono grazie a Stefania la miniguida e la nostra associazione è citata come punto di riferimento.
Abbiamo incontrato – virtualmente – Stefania Buoni per rivolgerle qualche domanda su questi temi per noi così importanti.

Comip sta per festeggiare il suo terzo compleanno. Quali attività ha svolto l’associazione in questi anni?

Comip è nata a novembre del 2017, nella Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza, è una piccola associazione che va avanti non senza fatica anche perché è nata proprio nel pieno della riforma del Terzo settore. Noi figli di genitori con disturbi mentali siamo inoltre dei veri e propri “survivor” (sopravvissuti), spesso con vite complicate, e per noi l’impegno nell’associazione è molto grande. Ma non vogliamo arrenderci: il nostro obiettivo è innanzitutto lottare contro lo stigma e la disinformazione e fare in modo che il tema della salute mentale – soprattutto dal punto di vista dei figli minori – non sia più un tabù. Oggi si parla di malattia mentale genitoriale spesso solo in occasione di fatti tragici e questo impedisce un dialogo sereno e una prevenzione vera. I figli non parlano facilmente delle difficoltà dei loro genitori per paura o per mancanza di informazioni, ma soprattutto a causa del grande tabù che ancora esiste in tutto il mondo su questo tema. Questi ragazzi viaggiano con un bagaglio sulle spalle molto pesante, spesso non adeguatamente sostenuti neanche dal servizio pubblico. Come Comip crediamo sia fondamentale ascoltare anche l’opinione del portatore diretto del bisogno, in questo caso genitori e figli, per migliorare le politiche. Le nostre attività sono quindi state essenzialmente legate all’advocacy a livello nazionale ed internazionale e alla sensibilizzazione, attraverso eventi con le scuole e in collaborazione con altre associazioni e realtà pubbliche sensibili al tema. L’obiettivo è stimolare la nascita in tutta Italia di reti territoriali sinergiche a supporto di figli e famiglie, facendo leva sulle potenzialità della rete formale ed informale, che va però prima adeguatamente informata. Tutto questo favorendo la partecipazione delle persone con esperienza vissuta, figli adulti che abbiano elaborato o stiano elaborando il loro vissuto. Parallelamente continuiamo a portare avanti il gruppo di auto mutuo aiuto online in cui ci supportiamo a vicenda fra figli.

In questo momento storico così difficile avete individuato nuove criticità o bisogni?

Purtroppo, anche in questa situazione di emergenza il tema della salute mentale non occupa i primi posti dell’agenda politica. I Centri di salute mentale sono al collasso in molte città d’Italia, ci sono lunghe liste d’attesa, la didattica a distanza acuisce la situazione di isolamento di molti ragazzi. Dobbiamo unire le nostre forze per portare all’attenzione della politica e delle istituzioni le istanze di bambini, ragazzi e famiglie. Come Comip abbiamo fatto in questi giorni una segnalazione all’Agcom per un programma tv che ha utilizzato parole come “schizofrenia” e “depressione” in maniera stigmatizzante. Potrà sembrare un aspetto non prioritario in questo momento, ma per noi le parole sono importanti e creano cultura. Apprezziamo l’ironia, ma non vogliamo che si veicolino messaggi sbagliati che possono gravemente nuocere alle famiglie che vivono queste problematiche. Noi da soli non possiamo risolvere i problemi di tutti i caregiver d’Italia né possiamo essere i caregiver di altri ragazzi come noi. Ma possiamo tenere accesa una luce su queste tematiche affinché l’attenzione non si spenga e stimolare la creazione di misure di sostegno concrete nei territori portando un punto di vista che finora era spesso mancato: quello dei figli. Vogliamo dire con forza che può essere ereditata la resilienza molto più che la malattia se si fa prevenzione! Speriamo di poter tornare presto a incontrarci e continuare a essere agenti attivi di un cambiamento che richiede tempi lunghi, ma che è necessario. Insieme possiamo “bucare” il silenzio e l’indifferenza.

Cosa vorresti dire a ragazzi e ragazze che, oggi, vivono situazioni simili a quelle che tu e gli altri membri di Comip avete vissuto da ragazzi?

Noi adulti dell’associazione cerchiamo proprio di dare voce agli adolescenti che eravamo e che avrebbero avuto bisogno di aiuto senza spesso riceverlo.
In quel momento per me sarebbe stato molto utile sentire qualcuno che parlava di questi temi, mi avrebbe aiutato a trovare le parole per dire un dolore che sembrava indicibile. Oggi per fortuna si comincia a parlare di più di salute mentale (per es. si parla di depressione o attacchi di panico) ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Per questo la nostra attività di sensibilizzazione parte dalle scuole, anche attraverso l’utilizzo di libri e di film.
Quando ero una ragazzina mi sarebbe stato d’aiuto trovare qualcuno in cui rispecchiarmi, ascoltare persone che avessero provato le mie stesse sensazioni e che fossero riuscite a rinascere e trarre forza da un dolore così grande. Il rispecchiamento positivo, nonostante le difficoltà, è qualcosa di davvero potente che dà coraggio. Capisci che, a dispetto di condizioni sfavorevoli, hai in te risorse inaspettate e puoi riuscire a stare meglio. Prima ne sei consapevole, prima ricevi una “mappa per orientarti”, prima inizi a rinascere. È davvero importante! La seconda cosa che vorrei dire ai ragazzi è questa: non sentitevi colpevoli. Parlate con almeno una persona adulta di cui vi fidate intorno a voi, dedicate del tempo a voi stessi, alle cose che vi fanno stare bene. Non dovete essere da soli a sopportare questa fatica. Il dolore dei vostri genitori non è colpa vostra e – proprio come loro – avete diritto a ricevere aiuto, anche quando loro, a causa della malattia, non si rendono conto di averne bisogno.

Un grande grazie a Stefania con l’augurio come Agevolando di tenere accesa, insieme a lei e a Comip, questa luce.

A cura di Silvia Sanchini

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